11 ottobre 2017
La prima sezione penale della Cassazione non ha dubbi: Sabrina Misseri,
condannata all'ergastolo con la madre Cosima Serrano per l'omicidio
della cugina Sarah Scazzi, non merita sconti di pena. È quello che
emerge dalle motivazioni della Suprema Corte, contenute in quasi 200
pagine di sentenza, con le quali spiega perché, il 21 febbraio scorso,
decise di confermare l'ergastolo per la cugina e la zia della
quindicenne Sarah, scomparsa da Avetrana il 26 agosto del 2010 e
ritrovata morta circa un mese dopo.
Le motivazioni
"Il delitto doveva ascriversi a due persone - scrive la Cassazione- da
identificare nelle imputate" e "l'omicidio era stato consumato mediante
strangolamento", attraverso una "struttura nastriforme", quale una
"cintura". Sul corpo della vittima, non sono stati rinvenuti "segni di
lotta o legati al tentativo di allentamento della cintura stretta al
collo, come reazione istintiva al soffocamento che si stava compiendo",
scrivono i supremi giudici, ricordando gli esiti di autopsia e perizie, e
la "vittima non aveva opposto alcuna resistenza".
"Concorso sinergico"
Lo strangolamento "non poteva essere quindi opera di un unico soggetto -
si legge nella sentenza - ma doveva essere avvenuto per effetto del
concorso sinergico di due persone, l'una che aveva posto in essere la
specifica azione di soffocamento da dietro alla vittima, e l'altra che
le aveva inibito ogni tentativo di difendersi". Le "uniche due persone
presenti in casa", rileva la Cassazione, erano proprio Sabrina Misseri e
Cosima Serrano.
Una fredda pianificazione
Analizzando il motivo di ricorso con cui Sabrina Misseri chiedeva le
fossero concesse le attenuanti generiche, la Suprema Corte ha
sottolineato come "una serie di dati scrutinati e posti a fondamento
della decisione" qualificano "le modalità commissive del delitto ed
evidenziano la fredda pianificazione di una strategia finalizzata,
attraverso comportamenti spregiudicati, obliqui e fuorvianti, al
conseguimento dell'impunità". Nelle motivazioni, si spiega come a cugina
di Sarah "rese interviste, strumentalizzando i media, e deviò le
investigazioni, ponendosi, in fase immediatamente successiva al delitto,
come astuto e freddo motore propulsivo delle stesse in direzione di
piste fasulle".
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