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Tortura è reato: diventa legge

La tortura, dopo il via libera definitivo di ieri alla Camera, è reato anche in Italia. Hanno votato sì Pd e Ap, si sono astenuti M5S, Si, Mdp, Scelta civica e Civici e innovatori, hanno detto no Fi, Cor, Fdi e Lega. Approvato, quindi, il disegno di legge che punisce con il carcere da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi o con crudeltà, provoca a una persona privata della libertà o affidata alla sua custodia “sofferenze fisiche acute” o un trauma psichico verificabile. Gli anni di carcere salgono fino a un massimo di 12 se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio. Rischia anche il pubblico ufficiale che istiga a commettere il delitto di tortura e non viene obbedito. Il reato di tortura richiede una pluralità di condotte (più atti di violenza o minaccia) oppure deve comportare “un trattamento inumano o degradante”. Specifiche aggravanti scattano in caso di lesioni o morte. 


L’iter della legge

Perché il Parlamento approvasse la legge che introduce il reato di tortura nel nostro ordinamento ci sono voluti quattro anni (anche se in realtà se ne discuteva da una ventina). Quattro anni di stop and go, di divisioni tra le forze politiche e di tentativi di insabbiamento. L'iter del provvedimento, frutto della sintesi di undici diverse proposte di legge, è stato particolarmente complicato: iniziato al Senato il 22 luglio del 2013, per poi essere licenziato un anno dopo, è approdato alla Camera nel 2015 per poi tornare nuovamente all'esame di Palazzo Madama e, infine, essere licenziato da Montecitorio. Più volte modificato nei passaggi tra i due rami del Parlamento, il testo non ha subito ulteriori modifiche durante l'ultimo esame.


Cosa prevede

Ecco cosa prevede il testo della legge sul reato di tortura:
- Il reato di tortura: Vengono introdotti nel codice penale il reato di tortura (art. 613-bis) e di istigazione alla tortura (art. 613-ter). La commissione del reato da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio costituisce una fattispecie aggravata del delitto di tortura. In particolare, l'articolo 613-bis c.p. punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi e agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza o che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso con più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Rispetto all'art. 1 della Convenzione Onu del 1984, che prevede una condotta a forma libera da parte dell'autore del reato, l'art. 613-bis prevede esplicitamente che la tortura si realizzi mediante violenze o minacce gravi o crudeltà.
- Le aggravanti: Sono previste delle aggravanti. La prima interessa la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dell'autore del reato, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio. La pena prevista è in tal caso la reclusione da 5 a 12 anni. Viene precisato che la fattispecie aggravata non si applica se le sofferenze per la tortura derivano unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti. Il secondo gruppo di fattispecie aggravate consiste nell'avere causato lesioni personali comuni (aumento fino a 1/3 della pena), gravi (aumento di 1/3 della pena) o gravissime (aumento della metà). Infine, la morte come conseguenza della tortura nelle due diverse ipotesi: di morte non voluta, ma conseguenza dell'attività di tortura (30 anni di reclusione); di morte come conseguenza voluta da parte dell'autore del reato (pena dell'ergastolo).
- L’istigazione a commettere tortura: La legge introduce nel codice penale l'art. 613-ter, con cui si punisce il reato consistente nell'istigazione a commettere tortura da parte del pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, sempre nei confronti di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. In base all'art. 414 c.p. chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell'istigazione: con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti; con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni. Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o più delitti. Se l'istigazione o l'apologia riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità, la pena è aumentata della metà. Le pene sono aumentate ancora di più se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
- Disposizioni processuali: La legge, viene sottolineato nella relazione tecnica che accompagna il testo, introduce una disposizione procedurale che stabilisce l'inutilizzabilità, nel processo penale, delle dichiarazioni eventualmente ottenute per effetto di tortura. La norma fa eccezione a tale principio solo nel caso in cui tali dichiarazioni vengano utilizzate contro l'autore del fatto e solo al fine di provarne la responsabilità penale.
- Modifica del testo unico immigrazione: Sono vietate le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni ogni volta che sussistano fondati motivi di ritenere che, nei Paesi in cui la persona dovrebbe tornare, essa rischi di essere sottoposta a tortura.
- Limite a immunità diplomatiche ed estradizione: È escluso il riconoscimento di ogni “forma di immunità” per gli stranieri che siano indagati o siano stati condannati per il delitto di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale. L'immunità diplomatica riguarda soprattutto i capi di Stato o di governo stranieri quando si trovino in Italia e il personale diplomatico-consolare eventualmente da accreditare in Italia. Viene poi previsto l'obbligo di estradizione verso lo Stato richiedente dello straniero indagato o condannato per il reato di tortura.

Le reazioni

Il provvedimento ha diviso le forze politiche: voluto dal Pd e sostenuto dagli alleati di governo, gli alfaniani di Alternativa popolare, è invece stato osteggiato dalle forze di centrodestra, Lega e FdI in testa. I detrattori della legge sostengono che si tratta di un provvedimento punitivo nei confronti delle forze dell'ordine, che ne limita il campo d'azione e ne “lega le mani”. Niente di tutto ciò, hanno sempre replicato Pd e governo: nessuna “norma vessatoria”, al contrario si tratta di un provvedimento in linea con la Convenzione dell'Onu ratificata dall'Italia nel 1984, che “colma una lacuna” e fa sì che l'Italia “non sia più fanalino di coda”. Contro il testo, compatti, sono i sindacati delle forze dell'Ordine. Per il Consap si tratta di una “legge vergogna che è solo uno spot di vendetta per i fatti del G8 di Genova”, mentre il Sap la considera come “un manifesto ideologico contro i poliziotti”. Per ragioni opposte, la legge non soddisfa appieno l'estrema sinistra: Si e Mdp si sono astenuti dal voto finale perché considerano il testo approvato “debole”, “poco incisivo” e “inefficace”. E il M5S, che pure considera la legge “giusta”, alla fine si è astenuto, prendendo l'impegno “di migliorare le norme non appena possibile”.

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